lunedì, ottobre 12, 2009

THE SAME OLD STORY

1)Si parla tanto di ristrutturazione bancaria, di visione complessiva del sistema del credito in Italia poi, scavando bene, si scopre che la cosa è diversa e molti difetti stanno nel, sul e dentro il manico.

2) Milano è il centro finanziario italiano dove sono presenti anche le banche straniere. Gli italiani hanno sempre diffidato di loro e, l’espansione estera del credito, è stata sempre difficile. Vere e proprie barriere all’entrata inizialmente poi, crollata la difesa istituzionale per legge, uffici di rappresentanza pronti a diventare the head of strategy conquest, se vi era l’opportunità.

3)Gli ultimi anni di crisi ripetuta hanno comportato il ripiegamento se non l’abbandono del capoluogo lombardo da parte di molti istituti stranieri.
Citibank, Macquarie bank, Dresdner bank, Deutsche bank, tanto per citare alcuni esempi.
Il ridimensionamento avviene con il classico taglio del personale, con la vendita dei rami improduttivi o con la cessione di immobili prestigiosi (sede di rappresentanza Citigroup, piazza castello Milano, 50 milioni di euro la valutazione).

4)Oltre alla ristrutturazione dovuta alla crisi, la permanenza o l’ingresso sono sconsigliati anche dall’eccessiva fiscalità e dal malfunzionamento dei mercati. In prima battuta, gli istituti esteri in caso di crisi salvano le attività e le filiali di casa loro. Infatti i primi a essere tagliati sono sempre gli uffici esteri con i loro dipendenti, in primis i consulenti.

5) Ma è proprio la concorrenza a essere non funzionante, non viene accettata dagli istituti italiani e dai loro sponsor, i vari poteri più o meno forti presenti in Italia. Forse si dovrebbe parlare di lobbies o centri di interesse, ma i termini a ben vedere sono un’identità e non un’uguaglianza.

6)La cosa però non torna molto. Basterebbe infatti il ricordo del 2 giugno 1992, e della riunione tenuta sul Panfilo Britannia al largo di Civitavecchia.
La divisione della torta Italia fu decisa lì grazie all’ospitalità dei reali inglesi. Gli ospiti furono innumerevoli, le più più grandi ed influenti banche anglofile presenti sul mercato finanziario e alcuni personaggi di rilievo italiani che sono ancora sul proscenio.

7)Il must che venne fuori divenne una parola magica, privatizzazione. Tale processo farsa fu possibile grazie alle nostre banche che, in poco tempo, convogliarono molti risparmi privati verso questo nuovo processo.

8)Le stesse banche che, notizia ancora freschissima, hanno rifiutato l’aiuto del governo attraverso i Tremonti Bond.

9) Senza entrare in un esasperato dettaglio tecnico, come mai c’è stato tale rifiuto da parte di Banca Intesa ed Unicredit, vista anche una ripresa che non si vede e non se ne vedranno i prolegomeni se non in primavera inoltrata 2010?

10)Forse la ragione sta nel regolamento etico-finanziario voluto da Tremonti che le banche avrebbero dovuto sottoscrivere per accedere a tali bond. Una normativa che avrebbe potuto difendere il risparmiatore italiano dalle ennesime alchimie di ingegneria finanziaria dei nostri fantasiosi istituti bancari.

11)Un ritorno a quella finanza che ha portato sull’orlo del baratro il mondo, mascherata con altri termini, tanto per cambiare la musica ma non la sostanza. In pratica sarà il parco buoi a sanare i core-tier 1 dei vari istituti bancari.

12) Si allega il regolamento di Tremonti in modo da far capire tale strategia agli astanti più diffidenti ed anche, a quelli che ritengono lo scrivente uno che se la tira tanto e che pensa di vedere più lungo di tutti gli altri
Regolamento Tremonti
1) il contributo finanziario per rafforzare il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese; 2) l’aumento delle risorse da mettere a disposizione per il credito alle piccole e medie imprese; 3) la sospensione del pagamento dei ratei del mutuo casa per almeno 12 mesi a favore dei lavoratori in cassa integrazione o che percepiscono il sussidio di disoccupazione; 4) la promozione di accordi per anticipare le risorse necessarie alle imprese per il pagamento della cassa integrazione; 5) l’adozione di un codice etico.

Italo Muti